L’UTOPIA DELLA PROPRIA VOCE


‣ I numerosi racconti, resoconti, aneddoti su Beethoven ci danno un'idea di ciò che era l'uomo, il musicista, l'intellettuale Beethoven ma nulla più del testo musicale che ci ha lasciato può aiutarci ad entrare nella sua musica. Il testo, il codice, il gesto musicale nato dall'idea e tradotto in tratto sulla carta è tutto ciò su cui alla fine si concentra il lavoro del compositore e, nel caso di Beethoven, una fonte infinita di ispirazione e approfondimento per il musicista.

‣ Le Sonate per violoncello e pianoforte hanno la particolarità di essere un corpus che nella simmetria di due sonate op.5 (1796), una op.69 (1808/09) e di nuovo due op.102 (1815/16) rappresentano tre momenti chiave della sua storia compositiva. Nell'arco di vent'anni il linguaggio di Beethoven si evolve senza mutare nella sua necessità originaria di espressione all'interno di una concezione formale personalissima e talmente forte da avermi sempre fatto pensare al marmo di una statua michelangiolesca. Energia inimmaginabile ancora oggi ma ancor di più se pensata in relazione al periodo storico in cui venne alla luce.

‣ La scelta di affrontare questo repertorio su strumenti originali nasce da considerazioni come queste e da un'ammirazione incondizionata per un genio che ancora a 250 anni dalla nascita ci pone domande ancora insolute. Lontano da volontà filologiche l'obiettivo era quello di confrontarsi con i limiti, gli stessi in cui si trovavano Beethoven e i suoi contemporanei.

‣ Senza entrare in una vera e propria analisi delle Sonate ecco tre ambiti ed alcuni esempi in cui Beethoven giunge ai limiti: l'uso estremo di tutta l'estensione dello strumento e delle sue possibilità timbriche e dinamiche, l'utilizzo di tecniche e soluzioni strumentali assolutamente nuove, la concezione formale innovativa.

BEETHOVEN CELLO SONATAS



‣ Gli strumenti di Ugo Casiglia, antichi quanto lo è Beethoven ed originali in tutte le loro parti non mostrano i segni del tempo se non per alcune piccolissime cose dovute ad un naturale deperimento dei materiali. Il restauro e la cura eccezionali eseguiti su di loro da Casiglia permette di usarli come strumenti a tutti gli effetti, senza timori reverenziali ma soprattutto potendo realmente immergersi in un mondo sonoro “originale”. Suonando su questi strumenti si comprende qualcosa di difficilmente descrivibile, si ha una visione del suono sorprendentemente nuova, spontanea e che lascia un grande spazio all'idea improvvisa, al discorso e al dialogo, più che alla ricerca della forma definitiva. Improvvisamente la notazione beethoveniana presente in partitura acquisisce un significato nuovo e spontaneo che ci parla in maniera molto diretta e viva.

‣ Leggere ciò che Beethoven ci ha lasciato, interpretare fedelmente cosa lui ha scritto, cercare il più possibile di non cambiare nulla delle sue indicazioni: questo è stato il duro lavoro effettuato. E al termine di questo lavoro scoprire come tutte le indicazioni di fraseggio, le indicazioni dinamiche, le indicazioni di tempo siano incredibilmente corrette e sensate in presenza di un fortepiano. Il bilanciamento del suono diviene perfetto, equilibrato, oserei dire facile. Nel senso che si capisce con facilità ciò che Beethoven intendeva, diventa facile interpretare le sue indicazioni, diventa una scoperta ad ogni nota entrare nel flusso di pensiero beethoveniano e vedere come scelte tecniche, scelte di suono e interpretazione possano tutte essere effettuate secondo un concetto unitario e di retorica musicale.

ALESSANDRO ANDRIANI

Cello player and teacher

 

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